Marzo 2021
L’ Anno di san Giuseppe con Luigi di Montfort Onorare Giuseppe nei misteri di Gesù
L’8 dicembre 2020 papa Francesco ha dato inizio ad un anno dedicato a san Giuseppe, per ricordare il 150° anniversario della proclamazione a patrono della Chiesa universale (8 dicembre 187), ad opera di papa Pio IX. Per l’occasione ha pubblicato la Lettera Apostolica Patris Corde (Con cuore di padre), nella quale non offre tanto approfondimenti teologici ed esegetici, ma piuttosto condivide alcune riflessioni personali, in modo molto familiare, animato dal desiderio di far sentire san Giuseppe vicino alla vita di tutti.
La festa liturgica di san Giuseppe è l’occasione per rivisitare alcuni riferimenti ‘giuseppini’ nell’esperienza e negli scritti di san Luigi Maria di Montfort.
In Francia, la devozione a san Giuseppe ha conosciuto un importante cambiamento nella prima metà del XVII secolo. Gli autori spirituali riservano un grande spazio a san Giuseppe. Le testimonianze della pietà dei fedeli si moltiplicano, in risposta alla pubblicazione di opere destinate ad incoraggiarla.
La spinta a riconoscere e sottolineare l’importanza di san Giuseppe e il suo ruolo nella storia della salvezza viene dalla Spagna. Il cardinal de Bérulle (1575-1629), fondatore della Congregazione dell’Oratorio, introdusse in Francia il Carmelo riformato di Teresa d’Avila e adottò la grande devozione della Santa a san Giuseppe.
Montfort si colloca a cavallo dei secoli XVII e XVIII ed è utile, per approfondire i pochi rimandi a Giuseppe nei suoi scritti, tener presente che la sua esperienza spirituale e missionaria è stata formata e nutrita, in particolare, dagli autori spirituali della Scuola francese di spiritualità.
Essi associano la figura di Giuseppe alle loro riflessioni sui “misteri” della vita e sugli “stati” di Cristo. “Misteri” sono tutte le realtà vissute dal Verbo Incarnato: «Ogni vicenda della vita del Figlio di Dio è un mistero», scrive Louis Cognet. “Stati” sono la maniera di essere e di agire, nella quale la persona permane e l’azione continua. Ogni azione transitoria di Gesù nel corso della sua vita terrena, assunta da lui in quanto persona divina, diviene quindi eterna e sorgente di grazia per tutta l’umanità. Bèrulle lo esprime con una bella formula:
«I misteri di Gesù Cristo sono avvenuti in determinate circostanze, e durano e sono presenti e perpetui in altri modi. Sono passati per quanto riguarda la loro esecuzione, ma sono presenti per la loro virtù, e la loro virtù non passa mai, né l’amore con cui sono stati compiuti».
Quindi, ciò che Gesù ha vissuto nel mondo e nel tempo e che ci viene riferito dai testimoni, ha un valore eterno, non solo come esempio da seguire, ma come grazia da ricevere.
Questo è importante perché la maggior parte dei rimandi di Montfort a san Giuseppe, al di là del Cantico 122 a lui dedicato, oggetto di analisi nel recente seminario on line, li troviamo nella terza parte del Libro dei Sermoni, nella sezione intitolata Sintesi della vita, della morte e passione e della gloria di Gesù e di Maria nel santo rosario (cfr. S III, 10-25; cfr. Scritti spirituali, ed. it. 2019, pp. 445-453). In particolare, come è comprensibile, nella contemplazione dei misteri della gioia.
Contemplando il mistero dell’incarnazione del Verbo, il Padre di Montfort invita a pregare la terza Ave, “per onorare i voti e le preghiere della Beata Vergine per affrettare la venuta del Messia, e [per onorare] il suo sposalizio con san Giuseppe”.
Contemplando, invece, il mistero della Visitazione, chiede di pregare la quarta Ave per onorare il dubbio di San Giuseppe sulla gravidanza di Maria”.
Contemplando il mistero della nascita di Gesù Cristo, invita a pregare la prima Ave “per onorare i disprezzi e i rifiuti ricevuti da Maria e Giuseppe a Betlemme”.
Infine, contemplando il mistero della purificazione, la settima Ave è per onorare “la fuga di Gesù Cristo in Egitto per l’obbedienza di san Giuseppe alla voce dell’angelo”.
Come si vede, la prospettiva da cui il Montfort guarda a Giuseppe è profondamente cristologica. Al centro vi è il mistero dell’Incarnazione e Giuseppe è considerato nel suo rapporto con Gesù e Maria.
Per lo più il Santo rimane sullo sfondo del mistero e il Montfort concentra l’attenzione solamente su alcuni elementi significativi della sua esperienza spirituale. Li enuncia semplicemente, senza specificarne il contenuto, che potrà essere attinto dai riferimenti evangelici. Riguardo all’Ave per onorare lo sposalizio con Maria, sarebbe interessante una ricerca negli scritti su san Giuseppe dei vari autori spirituali. Ad esempio, l’Olier nel suo libro Vie intérieure de la T. S. Vierge, al capitolo IV tratta del “matrimonio della Santissima Vergine con San Giuseppe”. Louis-François d’Argentan, nella sua opera Conférences sur les grandeurs de la Vierge (1680), dedica un capitolo allo sposalizio tra la Vergine e Giuseppe. Giovanni Eudes amava celebrare la festa dello sposalizio di Maria e Giuseppe – ne ha scritto la celebrazione, l’ufficio, delle litanie – perché per lui è il momento preciso in cui il Figlio di Dio trova il suo luogo vitale: nell’amore di Maria e Giuseppe, nella loro casa, nel loro cuore.
Ne esce, comunque, un Giuseppe molto umano. Montfort non teme di invitare a sostare sull’esperienza del dubbio e della perplessità che c’è nel cuore di Giuseppe riguardo alla gravidanza di Maria. Nello stesso tempo sottolinea l’obbedienza, con la quale Giuseppe supera il suo dramma e assicura l’integrità del Figlio e della Madre non esitando a fuggire in Egitto, lontano dalla furia omicida di Erode. Ancora, mette davanti agli occhi del cuore di chi prega la trafila umiliante a cui si sono sottoposti Maria e Giuseppe quando bussano alle porte della case di Betlemme e non c’è posto per loro.
Il Montfort usa il verbo “onorare”, termine molto caro alla Scuola francese di spiritualità. Onorare è più di riverire! Dietro questo verbo, in realtà, c’è tutto un dinamismo. Onorare Gesù Cristo, cuore dei misteri, vuol dire imprimere dentro di sé il mistero, cercare di imitarlo in quegli atteggiamenti e virtù che sono imitabili, abbandonarsi alla creatività dello Spirito per sperimentare i suoi effetti, la sua grazia. Onorare porta con sé una dimensione di viva relazione e contiene una grazia speciale di partecipazione alla vita di Gesù Cristo. Bérulle spiega che “nella riattualizzazione dei suoi santi misteri, questo onore consisterà nel fatto che spesso abbiamo nei suoi confronti un pensiero semplice e amorevole”.
Giuseppe è, quindi, un aiuto per contemplare i misteri di Cristo e conformare a Lui il nostro cuore. Si offre a noi come esempio e la sua vita “è una prova concreta che è possibile vivere il Vangelo” (Patris Corde, 6).
Coltivando con Giuseppe una relazione semplice, spontanea e piena di amore, possiamo trovare in lui un intercessore, un sostegno e una guida.
Religiosi monfortani alla scuola di san Giuseppe
Il superiore generale della Compagnia di Maria, in occasione della solennità di san Giuseppe, ha indirizzato a tutti i missionari monfortani una “lettera circolare”. In particolare, prendendo spunto dalla lettera apostolica di papa Francesco Patris Corde, invita tutti i confratelli a mettersi alla scuola di san Giuseppe, padre nell’accoglienza. Scrive il superiore generale, p. Luiz Augusto Stefani:
«Come San Giuseppe, un religioso monfortano deve essere uno specialista nell’arte dell’accoglienza fraterna. Certamente, quando abbiamo “accolto” la vocazione alla vita consacrata monfortana, come mezzo per raggiungere la santità, abbiamo assunto lo stile di vita comunitaria come parte integrante del nostro carisma e della nostra spiritualità.
La comunità fraterna deve essere il luogo dell’incontro, della preghiera, dell’ascolto nei momenti più difficili della vita. In mezzo a complicate circostanze storiche, la comunità deve essere la casa dove poter contare sulla presenza di un amico e trovare lì parole che ci restituiscano coraggio e speranza.
La comunità, con i suoi gesti e le sue parole, ci aiuta a ricordare la vita di San Giuseppe, l’esperienza della spiritualità dell’ospitalità. A tal proposito, Papa Francesco scrive:
«Tante volte, nella nostra vita, accadono avvenimenti di cui non comprendiamo il significato. La nostra prima reazione è spesso di delusione e ribellione. Giuseppe lascia da parte i suoi ragionamenti per fare spazio a ciò che accade e, per quanto possa apparire ai suoi occhi misterioso, egli lo accoglie, se ne assume la responsabilità e si riconcilia con la propria storia. (…) La vita spirituale che Giuseppe ci mostra non è una via che spiega, ma una via che accoglie» (Patris Corde, 4).
Alla “scuola di San Giuseppe”, il religioso monfortano impara a conservare coraggio e speranza nei momenti in cui tutto sembra impossibile:
«Giuseppe non è un uomo rassegnato passivamente. Il suo è un coraggioso e forte protagonismo. L’accoglienza è un modo attraverso cui si manifesta nella nostra vita il dono della fortezza che ci viene dallo Spirito Santo. (…) Come Dio ha detto al nostro Santo: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere» (Mt 1,20), sembra ripetere anche a noi: “Non abbiate paura!”. Occorre deporre la rabbia e la delusione e fare spazio, senza alcuna rassegnazione mondana ma con fortezza piena di speranza, a ciò che non abbiamo scelto eppure esiste. Accogliere così la vita ci introduce a un significato nascosto. La vita di ciascuno di noi può ripartire miracolosamente, se troviamo il coraggio di viverla secondo ciò che ci indica il Vangelo. E non importa se ormai tutto sembra aver preso una piega sbagliata e se alcune cose ormai sono irreversibili. Dio può far germogliare fiori tra le rocce. Anche se il nostro cuore ci rimprovera qualcosa, Egli “è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1Gv 3, 20)» (Patris Corde, 4).
Alla “scuola di San Giuseppe”, il religioso monfortano apprende che nessuno può essere escluso, soprattutto i più vulnerabili:
«L’accoglienza di Giuseppe ci invita ad accogliere gli altri, senza esclusione, così come sono, riservando una predilezione ai deboli, perché Dio sceglie ciò che è debole (cfr 1 Cor 1,27), è “padre degli orfani e difensore delle vedove” (Sal 68,6) e comanda di amare lo straniero. Voglio immaginare che dagli atteggiamenti di Giuseppe Gesù abbia preso lo spunto per la parabola del figlio prodigo e del padre misericordioso (cfr Lc 15,11-32)» (Patris Corde, 4).
«Tuus Totus ego sum»: l’itinerario di preparazione alla consacrazione on line
«Questa devozione è una via facile,
breve, perfetta e sicura,
per arrivare all’unione con Nostro Signore,
in cui consiste la perfezione del cristiano»
(Montfort, VD 152)
I Missionari Monfortani, p. Giovanni Maria Personeni, p. Michele Filipovic e p. Nikola Tandara, insieme alla consacrata con voti dell’Associazione Maria Regina dei Cuori di Trinitapoli (Bat), Mariane Magalhães De Souza, guideranno un itinerario di preparazione alla consacrazione a Gesù per le mani di Maria, secondo gli insegnamenti di san Luigi di Montfort.
Il percorso prevede dieci catechesi, che avranno un ritmo settimanale a partire da mercoledì 10 marzo 2021. Proposte alle ore 20.30 on line sulla piattaforma Zoom, sarà anche possibile ascoltarle sul canale Youtube dell’Associazione Maria Regina dei Cuori dove rimarranno disponibili per le successive 24 ore.
Alle catechesi seguirà un mese di preparazione immediata alla consacrazione, con la proposta di un momento giornaliero di preghiera e riflessione, sempre on line.
A coronamento di tutto l’itinerario, il 31 maggio vi sarà l’Atto di consacrazione.
Mons. Coupperie: un vescovo monfortano nella terra di Abramo
Il viaggio apostolico di papa Francesco in Iraq, all’insegna del motto evangelico “Siete tutti fratelli”, è motivo di particolare gioia per la nostra Congregazione che, in una certa misura, è legata alla Chiesa di Baghdad attraverso Mons. Pierre Alexandre Coupperie, primo vescovo monfortano.
Nato il 2 aprile 1770 a La Chapelle Palluau, entra nella Compagnia di Maria nel 1810. Poi nel 1819, dopo essersi offerto a Papa Pio VII per le missioni estere (come aveva fatto il Padre di Montfort nel 1706), è nominato Vescovo di Babilonia dei Latini e Amministratore Apostolico del Vescovo latino di Ispahan. Nel suo stemma spiccano i rimandi alla spiritualità di san Luigi di Montfort: “Ave Maria – Gloria a Gesù in Maria”.
Fernando Filoni, che è stato Nunzio apostolico a Baghdad dal 2001 al 2006, nel suo libro, La chiesa nella terra di Abramo, Dalla diocesi di Babilonia dei latini alla nunziatura apostolica in Iraq, ricostruendo la storia della presenza della Chiesa cattolica nel Paese del Golfo, ha dedicato alcuni passaggi a mons. Coupperie. Scrive tra le altre cose:
“I primi anni del vescovo Coupperie a Bagdad furono per lui assai duri: l’età, il clima, la mancanza di cooperatori religiosi, l’ampiezza del territorio, i difficili e pericolosi spostamenti, misero a dura prova la sua resistenza; pensò, dunque, di rinunciare al proprio mandato; ma Leone XII respinse le dimissioni, anzi volle che Propaganda Fide lo incoraggiasse a proseguire (…)”.
Richiama, quindi, le priorità che mons. Coupperie individuò per la sua azione pastorale: sviluppo delle vocazioni, sostegno ai vescovi e ai preti nei loro bisogni spirituali e materiali, riscatto dei cristiani miseramente caduti nelle mani dei musulmani a causa dei debiti contratti, cura dei cristiani disseminati in regioni lontane e privi di assistenza religiosa, aiuto finanziario alle chiese povere.
Lo zelo apostolico lo porterà anche a dialogare fraternamente con i Cristiani delle Chiese siriane, nestoriane e giacobite separate da Roma. In pari tempo, mise ogni ardore nel ripristinare l’educazione scolastica avviata dai carmelitani e intuì l’importanza di avere al proprio servizio pastorale una congregazione religiosa femminile; fondò quindi le Servantes de Dieu a cui diede una regola piena di saggezza e di pietà. Scrive ancora il Filoni:
“Nell’ottobre del 1830 il vescovo Coupperie chiese a Roma un coadiutore; e fu subito esaudito da Gregorio XVI che conosceva bene le difficoltà e i problemi del vescovo di Bagdad; il 18 giugno 1831 gli veniva comunicato che il papa nominava suo coadiutore il lazzarista Namanno Agostino Falguières, superiore dei Preti della Missione di Naxia, promosso all’episcopato con il titolo Saladensis in partibus.
Ma prima che la notizia potesse giungere a Bagdad, il 25 aprile 1831 il Coupperie inaspettatamente moriva, vittima della pestilenza che decimava la città; il presule aveva voluto che i cristiani non morissero senza sacramenti ed egli stesso diede ammirevole esempio nell’assistere i moribondi; qualcuno dei preti si era ammalto ed egli, nel curarlo, restò vittima del proprio zelo apostolico, lasciando dietro di sé una reputazione di santità, di saggezza e di dedizione”.
Nel discorso di papa Francesco ai Vescovi, sacerdoti, religiosi e seminaristi, nella Cattedrale Siro-Cattolica di “Nostra Signora della Salvezza” a Baghdad (venerdì, 5 marzo 2021), pare proprio di ritrovare l’anima del servizio episcopale di mons. Couppiere.
Un ministero in termini di vicinanza ai fedeli affidati alle sue cure. Vicinanza particolare ai sacerdoti, non come un amministratore, ma come un padre, pronto a offrire sostegno e incoraggiamento con cuore aperto.
Ancora, ricerca dell’unione fraterna tra le diverse Chiese presenti nel Paese, nello sforzo per costruire ponti.