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Posts by Luca Bertazzoni:
UN AMORE TRASVERSALE
La Croce nella vita e nella spiritualità di san Luigi Maria Grignion de Montfort
Si ripete sempre più spesso che la dottrina-esperienza di san Luigi Maria Grignion de Montfort – del quale oggi 28 aprile ricorre la memoria liturgica – prima che mariologica è cristologica, anzi soteriologica. «La croce», afferma René Laurentin, «sta al centro di tutta la vita e di tutta la predicazione del Montfort». Essa ha segnato profondamente la sua esistenza, la sua esperienza spirituale, l’attività missionaria, ed emerge prepotente, quale motivo fondamentale, dai suoi scritti. Si tratta di un amore, di una passione trasversale che percorre e unifica il personaggio. Nella croce di Cristo, nella follia di quel mistero di amore, egli ha ricercato il senso e il valore della vita, fino a identificare, in chiave paolina, la Sapienza con la croce.
Un leitmotiv che ritorna nella sua predicazione e nei suoi scritti, a partire dalle Lettere, in cui il santo svela la sua esperienza della croce. Così, in una lettera del 1702: «Ah, se i cristiani conoscessero il valore delle croci, farebbero cento leghe per trovarne una! Infatti solo in questa amabile croce sta racchiusa la vera sapienza che io cerco giorno e notte con sempre maggior passione» (Lettera 13). La ricerca della croce si fa più viva e forte in una missiva dell’anno seguente: «No, non cesserò mai di chiedere questo infinito tesoro, e credo fermamente che l’avrò, anche se tutti gli angeli, gli uomini e i demoni mi dicessero il contrario» (Lettera 15). Nel medesimo anno così scrive: «Quando possederò questa amabile e sconosciuta Sapienza? Quando verrà ad abitare presso di me? Quando sarò tanto adorno per servirle da rifugio, in una città in cui è ridotta sul lastrico e disprezzata?» (Lettera 16). Rivolto alla mamma, nel 1704, così si esprime: «Nella nuova famiglia in cui mi trovo, ho sposato la sapienza e la croce, in cui stanno tutti i miei tesori temporali ed eterni, della terra e dei cieli» (Lettera 20). Nel 1713, giunto ormai agli ultimi anni della sua esistenza, così riassume la parabola della sua vita: «Benedici Iddio per me, perché io sono contento e felice in mezzo a tutte le mie sofferenze, e non credo che al mondo ci sia nulla di più dolce per me della croce più amara se intinta nel sangue di Gesù crocifisso e nel latte della sua divina Madre» (Lettera 26).Nell’ultima lettera scritta nella Pasqua del 1716 si legge: «Sappi che attendo rovesci ancor più considerevoli e più sensibili, per mettere alla prova la nostra fedeltà e la nostra fiducia, per fondare la comunità della Sapienza non sulle sabbie mobili dell’oro o dell’argento, ma sulla Sapienza stessa della croce del Calvario» (Lettera 34).
A questi scritti privati bisogna aggiungere un documento pubblico chiamato Lettera circolare agli Amici della Croce (LAC), in cui Montfort presenta le linee fondamentali della perfezione cristiana centrata sul mistero della croce, da cui emerge l’esperienza della sua vita. Ciò spiega il linguaggio vibrante e radicale che fa dell’autore un eccezionale testimone di quanto annuncia e raccomanda: «Vi chiamate Amici della Croce. Che grande nome! […] È il nome sublime di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. È il nome inconfondibile di un cristiano. Amico della Croce è colui che porta veramente il Cristo. O meglio, è un altro Gesù Cristo e quindi può ripetere in verità: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”» (LAC 3-4).
«La Croce – proclama in uno dei suoi cantici – è un mistero/profondissimo quaggiù. /Senza una grande luce/non lo si intende. / Per comprenderlo è necessario/uno spirito sublime. /Eppure bisogna conoscerlo/per essere salvati» (Cantico 19, 1). La congregazione femminile, fondata da Montfort, reca non a caso il nome di “Figlie della Sapienza”, il cui fine interiore consiste nell’«acquisizione della divina Sapienza» della croce, come è affermato nel primo numero delle Regole.
La formula di consacrazione monfortana è rivolta alla Sapienza eterna e incarnata, espressione che vi ricorre ben sette volte. All’acquisto e possesso della Sapienza è finalizzata la consacrazione e, in essa, il ruolo e la missione di Maria.
Ma è soprattutto nell’importante opera L’amore dell’eterna Sapienza (AES) elabora una riflessione ampia e sistematica sul mistero della croce, in cui si manifesta la follia dell’amore di Dio per il mondo. Sono di particolare interesse i capitoli 12-14 nei quali si espone un programma di vita evangelica fondato sulla croce e concluso con una formula di singolare efficacia: «La sapienza è la Croce e la Croce è la Sapienza» (AES 180). Non basta conoscere tale Sapienza: è necessario sperimentarla, acquisirla, possederla. Con quali mezzi e per quali sentieri? Montfort ne propone quattro: anzitutto un desiderio ardente, che è un grande dono di Dio: «È la ricompensa alla fedele osservanza dei comandamenti» (AES 182). Un secondo mezzo consiste in una preghiera incessante: «Quali preghiere, quali fatiche non esige il dono della Sapienza, che è il più grande di tutti i doni di Dio!» (AES 184). Il terzo è costituito da una mortificazione universale: «Per comunicarsi, la Sapienza richiede non una mortificazione a metà oppure di qualche giorno, ma una mortificazione totale e continua, coraggiosa e discreta» (AES 196). E infine, ecco «il più grande mezzo, il più meraviglioso di tutti i segreti per acquistare e conservare la divina Sapienza: una tenera e vera devozione alla santa Vergine» (AES 203). Ella è la madre di Cristo Sapienza, è l’albero che produce tale straordinario frutto. «Qualunque dono ella ci faccia, non è per nulla soddisfatta se non ci dona la Sapienza incarnata, Gesù suo Figlio; ella è impegnata tutti i giorni a cercare anime degne di essa per donarla loro» (AES 207).
Nelle pagine conclusive de L’amore dell’eterna sapienza viene anticipato, in maniera sintetica, il contenuto del Trattato della vera devozione, che a sua volta inizia con la formula classica e caratteristica: «È per mezzo della Vergine Maria che Gesù Cristo è venuto nel mondo ed è per mezzo di lei che regnerà nel mondo». La vera devozione alla Vergine, secondo san Luigi Maria Grignion de Montfort, costituisce dunque la via privilegiata per l’acquisto e la conservazione della Sapienza di Cristo crocifisso.
«La Croce di Gesù – affermò Pio XII in occasione della canonizzazione del santo – e la Madre di Gesù: ecco i due poli della sua vita e del suo apostolato. Messo in croce egli stesso, Luigi Maria era in diritto di predicare autorevolmente il Cristo Crocifisso».
Valentini Alberto, smm
Fonte: OR, 28 aprile 2023, p. 7
Il Calvario di Pontchâteau in Francia
Quel sogno realizzato cento anni dopo
Una distesa verde, un colle, tre croci fissate nel terreno e il limpido cielo azzurro della Loira: è questo il quadro della monumentale impresa di san Luigi Maria Grignion de Montfort, il Calvario di Pontchâteau, memoria visiva di una storia affascinante iniziata nel 1709 quando il santo francese, dopo aver svolto una missione di predicazione, decide di costruire — al termine di un per-corso che possa rappresentare la Via Crucis — la scena del Golgota con delle statue al naturale. I lavori cominciano nell’agosto 1709 e nel settembre 1710 è già tutto pronto per la solenne inaugurazione: la data, il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Ma il Montfort non vedrà mai inaugurata la sua impresa poiché arriverà l’ordine del re di Francia, Luigi XIV, di fermare tutto. Il sogno si realizzerà soltanto nel 1821, più di cento anni dopo.
Oggi, questo luogo è meta di migliaia di pellegrini che grazie alla Via Crucis e al Calvario posto lì, sopra quel monte, rivivono con fede lo spirito del suo ideatore. Ma Pontchâteau non è solo questo: grazie alla sinergia tra il vescovo di Nantes, Laurent Percerou, e tutta la famiglia monfortana presente in questo sito, il Calvario sta divenendo sempre più un vero «atelier della fede e dell’evangelizzazione», come spiega a «L’Osservatore Romano» padre Santino Brembilla, da cinque anni responsabile del Calvario di Pontchâteau. «Da tre anni questo luogo è un polo importante per tutta la famiglia monfortana; sono, infatti, qui riunite le tre anime della nostra istituzione religiosa: i Missionari monfortani, le Figlie della Sapienza e i Fratelli di San Gabriele. Monsignor Percerou ci ha chiesto di pensare a Pontchâteau come centro nevralgico di evangelizzazione nella diocesi di Nantes. La domanda che ci siamo posti è stata: cosa trasmettere alle generazioni future? Abbiamo aperto così un dialogo con la diocesi per comprendere bene le possibili vie da percorrere affinché Pontchâteau non sia solo un monumento, ma un qualcosa di vivo, che possa parlare al fedele di oggi e di domani».
Questo dibattito ha prodotto una programmazione per i prossimi cinque anni, un progetto che si snoda in quattro punti fondamentali: il primo vede il Calvario divenire un centro spirituale per la diocesi di Nantes e oltre; il secondo pone lo sguardo sullo stretto legame con la parrocchia di Pontchâteau retta dagli stessi missionari monfortani; il terzo punto guarda ai giovani, con particolare attenzione all’animazione del luogo e all’evangelizzazione; l’ultimo punto si ispira all’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco poiché il sito dove sorge il Calvario si estende su quattordici ettari di natura incontaminata. È dunque possibile sperimentare, proprio in questo spazio, un rapporto armonico tra l’uomo e il Creato: «È un progetto grande e ambizioso ma che con l’aiuto del nostro santo fondatore sta già dando i suoi frutti come le due iniziative che vedono coinvolte due realtà che operano a Pontchâteau, il Villaggio San Giuseppe e il Cammino di consolazione».
Il villaggio vuole rispondere alla domanda: come possiamo aiutare i poveri? Uno dei punti più importanti dell’azione pastorale di san Luigi Maria Grignion de Montfort è stato, appunto, quello di essere vicino alle persone disagiate. Oggi, i monfortani vivono quello stesso spirito attraverso il villaggio: «Una coppia di coniugi appartenenti alla famiglia laica monfortana, oggi a Pontchâteau, vive la missione dell’accoglienza: nella loro casa vengono ospitate dieci persone disagiate; con essi vivono in fraternità, con essi pregano ogni mattino; li aiutano così al reinserimento nella società attraverso diverse attività come il giardinaggio e il lavoro manuale».
L’altra iniziativa, il Cammino di consolazione, vede coinvolte le madri che hanno abortito o che hanno perso spontaneamente i figli durante la gravidanza: «Questo percorso vuole sanare le ferite di un evento così traumatico grazie a un vero e proprio cammino di rinascita». Ed è così che quella Croce posta sul monte di Pontchâteau nel 1710 riesce a essere, ancora oggi, segno di risurrezione.
di Antonio Tarallo, in OR, 28 aprile 2023
Due nuove comunità apostoliche per la provincia italiana
Il Superiore Generale ha recentemente autorizzato l’apertura di due nuove comunità per la Provincia di Italia. A seguito di un lungo discernimento e in risposta al voler “osare rischiare per Dio e l’umanità ” la Provincia italiana infatti ha accettato l’affidamento dell’unità pastorale “Val del Riso” nella diocesi di Bergamo e del santuario della “Madonna di Caravaggio in Codogno”, nella diocesi di Lodi. Queste due nuove fondazioni si collocano nel clima del 350° anniversario della nascita di Montfort e del 75° anniversario della sua canonizzazione.
Riguardo al santuario della Madonna di Caravaggio in Codogno, il 26 settembre è stata firmata la convenzione tra il vescovo di Lodi, Mons. Maurizio MALVESTITI, e il Superiore Provinciale
p. Mario BELOTTI, per un periodo ad experimentum della durata di tre anni. Tale convenzione prevede l’incarico di svolgere i seguenti servizi:
1. Animazione pastorale nel santuario detto della Madonna di Caravaggio in Codogno,
2. Confessione e direzione spirituale per tutti: laici, preti e religiosi/e,
3. Percorsi di preparazione alla consacrazione a Gesù Cristo per le mani di Maria,
4. Disponibilità alle richieste dei parroci della diocesi per la predicazione mariana,
5. Disponibilità alle richieste di sostegno alla pastorale ordinaria da parte del parroco delle parrocchie della città di Codogno ed eventualmente viciniori.
Impegnati in questa nuova avventura apostolica sono i confratelli P. Orazio ROSSI e P. Fabio LOCATELLI.
Il 17 settembre ha segnato l’inizio dell’affidamento alla nostra Congregazione della responsabilità parrocchiale dell’unità pastorale “Val del Riso”. È stato il vescovo di Bergamo, Mons. Francesco BESCHI ad interpellare i Monfortani consegnando loro questo mandato.
L’unità pastorale comprende quattro parrocchie e un santuario mariano: S. Martino a Gorno, S. Maria Assunta a Oneta, S. Antonio abate a Cantoni, S. Bartolomeo apostolo a Chignolo, e il santuario Madonna del Frassino. Di seguito i tre obiettivi di questa fondazione in risposta anche alle attese del vescovo:
1. Testimonianza di una comunità religiosa–presbiterale impegnata nella realizzazione del tema della diocesi, “In cammino verso una parrocchia fraterna, ospitale e prossima”.
2. Animazione pastorale nel santuario della Madonna del Frassino, che include accoglienza dei fedeli e disponibilità all’ascolto attraverso il sacramento della riconciliazione e la direzione spirituale.
3. Diffusione della “vera devozione” a Maria secondo lo spirito di san Luigi–Maria di Montfort.
Assegnati a questo ministero sono P. Angelo EPIS (parroco), P. Aldo BOLIS (vicario parrocchiale) e P. Francesco FERRARI Jr. (collaboratore parrocchiale).
In una lettera circolare rivolta ai confratelli della Provincia, il Superiore p. Mario BELOTTI ha ringraziato i cinque confratelli che hanno generosamente aderito a questi progetti augurando loro ogni bene pastorale, sostenendoli con l’incoraggiamento e la preghiera.
P. Marco PASINATO, SMM
Dio ascolta le preghiere per le nuove vocazioni!
Domenica, 11 settembre 2022, la nostra Famiglia religiosa ha avuto la gioia di accogliere Paweł e Wojciech, due giovani provenienti dalla Polonia che al termine dell’anno di noviziato hanno emesso i primi voti religiosi.
La sera prima, dopo la preghiera dei Vespri, Paweł e Wojciech hanno rinnovato la loro consacrazione a Gesù Cristo per le mani di Maria. Nel suo intervento il superiore provinciale, p. Mario Belotti, ha spiegato ai presenti che sia i voti religiosi che le ordinazioni al diaconato o al sacerdozio sono profondamente radicati nel Battesimo, il cui fine ultimo è di condurre alla sequela di Cristo. Ha ricordato che “Quanto più perdiamo di vista il Battesimo nella nostra vita – in particolare come religiosi e sacerdoti – tanto più ci allontaniamo dallo spirito di Gesù. Allora potremo diventare dei buoni funzionari… ma non saremo mai persone simili a Cristo e tanto meno saremo in grado di ispirare i fratelli e le sorelle affidati alla nostra cura spirituale e pastorale”. Consacrarsi a Gesù Cristo per le mani di Maria significa proprio mantenere “vivo”, vivere in pienezza il proprio battesimo, per essere conformati e “riprodurre” Gesù Cristo nella nostra vita mediante un abbandono totale in Maria, Forma Dei, Stampo di Dio. Paweł e Wojciech, prima che con le labbra hanno manifestato la decisione di offrirsi senza riserve a Gesù Cristo con il gesto di infondere un po’ di incenso nel braciere posto davanti all’altare.
Il giorno successivo, durante la solenne Eucarestia celebrata nella Chiesa Madre di Santeramo in Colle, Paweł e Wojciech hanno fatto la prima professione. Ha presieduto la liturgia il superiore provinciale, attorniato da numerosi confratelli, tra cui il consigliere generale, padre Marco Pasinato. Sono presenti i familiari dei neoprofessi, provenienti dalla Polonia, tanti amici della comunità del noviziato e un nutrito gruppo di membri dell’Associazione Maria Regina dei Cuori di Trinitapoli. Le voci del coro parrocchiale hanno accompagnato i vari momenti della celebrazione e contribuito a creare un devoto clima di preghiera.
Nella sua omelia il padre Mario Belotti, commentando il vangelo (cfr. Lc 8, 19-21), ha illustrato il cammino da percorrere per rispondere al desiderio di andare a Gesù e divenire la sua famiglia: è la Parola di Dio, ascoltata e messa in pratica, che rende madre e fratello di Gesù. Guardando a Maria, ha suggerito a Paweł e Wojciech i passi da seguire perché la Parola di Dio porti frutto nella loro vita: costante apertura ad accogliere la Parola di Vita; crescere nella gioia e nella beatitudine; la perseveranza che viene dalla preghiera, dalla meditazione, dalla pratica sincera della spiritualità monfortana e dal vivere un sincero senso di appartenenza e la fraternità.
Dopo l’omelia Paweł e Wojciech hanno letto la formula della prima professione, scritta di proprio pugno, che poi hanno deposto sull’altare, unendo così l’offerta della loro vita in castità, povertà ed obbedienza al sacrificio di Cristo. Hanno, quindi, ricevuto l’abito religioso, le Costituzioni della Compagnia di Maria e la grande corona del rosario. La celebrazione si è conclusa con la firma del registro delle professioni.
Ci si è, quindi, ritrovati nel giardino della comunità per condividere con Paweł e Wojciech la gioia di questo giorno di festa. L’intensa giornata si è conclusa con la preghiera del rosario, dei Vespri e la benedizione eucaristica.
Qualche mese dopo la sua ordinazione sacerdotale, san Luigi di Montfort così scriveva al suo direttore spirituale: “Ho un grande desiderio di far amare Nostro Signore e la sua Santa Madre, di andare, in modo povero e semplice, a fare catechismo ai poveri della campagna e spingere i peccatori alla devozione alla Santissima Vergine… io non mi sento degno di questo nobile compito, ma non mi posso impedire, viste le necessità della Chiesa, di chiedere continuamente e con gemiti, una piccola e povera compagnia di buoni sacerdoti che lo compiano, sotto lo stendardo e la protezione della Santissima Vergine”. Davvero la prima professione di Paweł e Wojciech è la risposta al desiderio di san Luigi Maria. Il Signore li benedica e li confermi nel loro proposito.
Mikolaj
«Ricordati di dare a tua madre una compagnia»
La Preghiera infocata di san Luigi Maria di Montfort
di Alberto Valentini
È una preghiera che colpisce immediatamente chi la legge, come è accaduto a Frederick William Faber (1814-1863), per il quale «dopo le lettere degli Apostoli sarebbe difficile trovare parole così infocate». Per don Giuseppe De Luca, autore di un’eccellente biografia di san Luigi Maria Grignion de Montfort, «il colmo della perfezione di scrittore di pietà è nella famosissima Prière, con cui domanda missionari. Qui non lo inceppa il metro [come nei Cantici]. Qui egli non doveva diffondersi in sviluppi organici [come nei Trattati spirituali]: le sue parole sono un solo grido».
Parole che esplodono da un cuore pieno, traboccante, che non hanno nulla di folgorazione improvvisa: sono aspirazioni lungamente coltivate, portate in cuore e divenute infine incontenibili e straripanti. Punto di partenza è la situazione della Chiesa, come con chiarezza il giovane Montfort — del quale il 28 aprile ricorre la memoria liturgica — aveva dichiarato, pochi mesi dopo la sua ordinazione sacerdotale: «Ho un grande desiderio di far amare Nostro Signore e la sua Santa Madre, di andare in modo povero e semplice a fare catechismo ai poveri della campagna e spingere i peccatori alla devozione alla santissima Vergine […]. Io non mi sento degno di questo nobile compito, ma non mi posso impedire, viste le necessità della Chiesa, di chiedere continuamente e con gemiti una piccola e povera Compagnia di buoni sacerdoti che lo compiano, sotto lo stendardo e la protezione della santissima Vergine» (Lettera del 6 dicembre 1700).
Egli prega per amore della Chiesa e la sua preghiera è solenne, ardita, audace: si rivolge direttamente alle Persone della Santa Trinità, invocando una piccola Compagnia, che è parte del progetto eterno del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. E lo fa con le parole della Scrittura, con gli accenti appassionati e violenti di profeti e apocalittici e con le suppliche dei salmi.
Il leit-motif della preghiera è costituito dal ricordo, dal Memento! ripetuto ben venti volte. La Preghiera infocata, dunque, si apre con un accorato “ricordati”, rivolto a Dio Padre, tratto dal salmo 74, che presenta il popolo dell’alleanza in una situazione di angoscia e oppressione, simile a quella della Chiesa, per la quale Montfort supplica il Signore. L’invocazione Memento Congregationis tuae quam possedisti ab initio, il grido del salmista per il popolo di Dio, viene indirizzato al Padre per la piccola Congregazione che è parte di questo popolo e in qualche misura lo incarna nel tempo presente. Tale Congregazione fa parte da sempre dei progetti divini: prima del tempo, nella creazione e nella pienezza del tempo, quando il Figlio di Dio, morente sulla croce, l’affida alla sua santa Madre.
Segue pertanto una serie di Memento rivolti al Padre: ricordati delle tue ripetute promesse; delle preghiere che i tuoi servi e serve ti hanno innalzato nel corso di tanti secoli; ricordati soprattutto del tuo Figlio, della sua morte crudele e del suo sangue, perché «per mezzo di questa Congregazione il suo regno sia instaurato sulle rovine di quello dei tuoi nemici» (n. 4). A conclusione della preghiera al Padre — come, parallelamente, avverrà al termine dell’invocazione al Figlio e allo Spirito — viene ribadita la gravità della situazione della Chiesa e del mondo, che richiede un intervento deciso, urgente, della giustizia e della salvezza di Dio. Al servizio di tale azione divina si implora la nascita e l’opera della piccola Congregazione di Maria.
La preghiera al Figlio (nn. 6-14) sottolinea fortemente la presenza e il ruolo della Vergine, che caratterizza questa Compagnia: «Signore Gesù, ricordati della tua Congregazione: ricordati di dare a tua madre una nuova Compagnia per rinnovare per suo mezzo tutte le cose […]. Da’ figli e servi a tua madre, altrimenti che io muoia» (n. 6). Per sua madre, ci si rivolge a Gesù: «Ricordati del suo grembo e del suo seno, e non mi respingere. Ricordati di chi sei figlio ed esaudiscimi. Ricorda chi è lei per te e chi sei tu per lei e appaga i miei desideri» (ivi). Per amore di sua madre, il Figlio di Dio non può non ascoltare la preghiera.
Segue quindi una splendida descrizione dei figli che Gesù dovrà donare a sua madre: liberos (con la duplice accezione di “figli” e “liberi”), figli di Maria e persone totalmente libere per la missione. Il termine liberos viene ripetuto ben sei volte, con splendide variazioni: «Liberos […] sacerdoti liberi della tua libertà (n. 7); schiavi del tuo amore e del tuo volere, uomini secondo il tuo cuore (n. 8); nuvole alte sulla terra e sature di celeste rugiada che senza ostacoli volino dovunque al soffio dello Spirito (n.9); persone sempre a tua disposizione, sempre pronte a obbedire a te (n. 10); veri figli di Maria, tua santa Madre, generati e concepiti dal suo amore, portati in grembo, attaccati al suo seno, nutriti del suo latte, allevati con le sue cure, sostenuti dalle sue braccia e arricchiti delle sue grazie (n. 11); veri servitori della santa Vergine, che vadano dovunque con in bocca la fiaccola luminosa del Vangelo e in mano il santo Rosario […] che, mediante una vera devozione a Maria, […] schiaccino dovunque passeranno la testa dell’antico serpente» (n. 12).
Anche la preghiera a Gesù — come quella al Padre — si conclude con la visione della grave situazione in cui versa il mondo: sarebbe meglio morire piuttosto che continuare a vedere ogni giorno torrenti di iniquità che investono la terra.
Allo Spirito santo è dedicata l’ultima parte della Preghiera, la più ampia (nn. 15-30) e articolata. «Ricordati, Spirito santo, di generare e formare figli di Dio, con Maria […]; con lei e in lei hai formato il Capo dei predestinati; con lei e in lei devi formare le sue membra […] tutti i santi del passato e del futuro, sino alla fine del mondo, sono altrettante opere del tuo amore unito a Maria» (n. 15). Se al Padre si chiedeva di rinnovare i suoi prodigi, mediante questa piccola Congregazione, e a Gesù di donare figli a sua madre, allo Spirito si domanda di generare e plasmare questa Congregazione insieme con Maria.
Gli ultimi tempi della Chiesa e del mondo — a coronamento dell’opera compiuta dal Padre e dal Figlio — sono affidati all’azione potente dello Spirito che deve rinnovare tutte le cose. Il mondo ha bisogno di essere rigenerato, riplasmato e consumarsi in un diluvio di fuoco che lo Spirito deve accendere, per rinnovare la terra e convertire tutte le nazioni. Per tale universale palingenesi, sale l’invocazione a Dio: «Manda questo Spirito tutto fuoco sulla terra, per crearvi sacerdoti tutto fuoco, per il loro ministero sia rinnovata la faccia della terra e riformata la tua Chiesa» (n. 17). È con questa precisa finalità che risuona l’invocazione Memento: ricordati della tua Congregazione, «che devi radunare nel mondo e dal mondo» (n. 18). Tale Congregazione viene descritta con molteplice, idealizzata simbologia: si tratta di un gregge di mansueti agnelli, uno stormo di innocenti colombe, uno sciame di api operose, un branco di agili cervi, un battaglione di coraggiosi leoni. La descrizione prosegue attingendo al simbolismo del misterioso Salmo 68, in cui vede prefigurati i missionari della Compagnia di Maria. Essi saranno una pioggia abbondante che Dio manderà per la sua eredità tanto indebolita e macchiata per i peccati dei suoi figli. Come gli apostoli, essi predicheranno con grande forza e potenza; il Signore darà loro bocca e sapienza cui nessuno potrà resistere. Saranno nutriti delle dolcezze divine che il Signore ha loro preparato e abiteranno sul Salmon, montagna lussureggiante e compatta, la più alta tra i monti, sulla quale il Signore abita e dimorerà per sempre. La misteriosa montagna è Maria, le cui fondamenta sono sulle cime dei monti. Lassù abiteranno, ricolmi di beatitudine e trasfigurati, i missionari sognati dal Montfort: «Beati, mille volte beati, i sacerdoti che hai prescelti e destinati a dimorare con te su questa montagna fertile e santa, affinché lassù diventino re per l’eternità […] diventino più bianchi della neve, perché uniti a Maria […] siano arricchiti della rugiada del cielo e dell’abbondanza della terra, di ogni benedizione temporale ed eterna di cui Maria è ricolma. Dall’alto di questa montagna, come altrettanti Mosè, con le loro ardenti preghiere scaglieranno frecce contro i nemici per abbatterli o convertirli. Su questa montagna impareranno dalla bocca stessa di Gesù Cristo, che sempre vi dimora, il significato delle beatitudini […]. Su questa montagna di Dio saranno trasfigurati come sul Tabor, moriranno con Lui come sul Calvario e ascenderanno al cielo con Lui come sul monte degli ulivi» (n. 25).
Questa è la Congregazione che Montfort invoca dal Signore, per un mondo in cui le forze del male si coalizzano formando «un’immensa moltitudine di perversi che, sebbene divisi gli uni dagli altri, […] si uniscono tutti insieme […] sotto la bandiera e il comando del demonio» (n. 27). Di fronte a tale situazione, a un mondo che brucia, Montfort lancia il grido: chi è dalla parte del Signore si unisca a me, per formare sotto la bandiera della Croce un esercito ben ordinato e schierato che combatta per la causa di Dio. Ma è il Signore stesso il protagonista di questa battaglia: «Alzati Signore in tutta la tua potenza e giustizia e formati una scelta compagnia di guardie del corpo (altra metafora della sua Congregazione) […] per difendere la tua gloria e salvare le anime, affinché ci sia un solo ovile sotto un solo pastore e nel tuo tempio tutti ti rendano gloria».
Si tratta di una storia drammatica, in cui protagoniste sono le Persone divine alle quali la Preghiera infocata ripete appassionatamente di ricordare quanto hanno operato e promesso, fino alla fine dei tempi. E in tale contesto sale a Dio-Trinità l’invocazione per una Congregazione di missionari, per la piccola Compagnia di Maria, interamente dedicata al servizio di Dio e della salvezza.
Fonte: L’OSSERVATORE ROMANO, 28 aprile 2022, pagina 6
Luigi di Montfort: una personalità vivace e creativa
Un santo deve apparire tale fin dal la nascita. Il genere letterario agiografico prevede unicamente racconti edificanti. Si evidenziano le virtù e si tacciono i difetti. Si fa spazio a episodi meravigliosi e straordinari, prefigurando futuri miracoli. Il realismo di una progressiva maturazione viene ignorato.
Non fanno eccezione le biografie di Luigi Maria di Montfort. Si raccontano volentieri le sue doti positive, mentre si cercano di scusare o di tacere gli aspetti problematici della sua personalità.
È luogo comune parlare delle “singolarità” di Montfort: termine a metà strada tra originalità e bizzarria. Lo si descrive come austero, introverso, quasi asociale, amante della solitudine e delle penitenze più dure. Per comprendere il perché di una simile lettura, va ricordato che i primi biografi di Montfort sono di estrazione sulpiziana.
La formazione di Montfort, oltre che in famiglia, avviene in due ambienti fra loro differenti: nel collegio dei Gesuiti, a Rennes, per gli studi medi e superiori; nel seminario dei Sulpiziani, a Parigi, per gli studi teologici. I Gesuiti lasciano spazio alla creatività dei singoli alunni; i Sulpiziani, formatori in molti seminari di Francia, tendono a uniformare lo stampo del prete ideale. Le “singolarità” non sono ammesse.
Montfort adolescente compie i primi passi in società come alunno dei Gesuiti. Inizialmente appare riservato, ma capace di iniziative coraggiose. Un giorno, inaspettatamente, interviene per esempio a difesa di un compagno bullizzato; un’altra volta va in aiuto di un alunno povero facendo una colletta per lui tra i compagni; entra a far parte di un gruppo extra-scolastico che visita malati in ospedale, segue lezioni private di pittura. Ha tutta l’aria di voler essere intraprendente e creativo.
Nel seminario dei Sulpiziani invece non ha vita facile. Lo si vuole ridurre negli schemi del prete-tipo: niente originalità, ritenute espressione di superbia. Infatti lo si umilia in pubblico sistematicamente. Montfort accetta tutto come prova, ma non si lascia modificare nel suo spirito entusiasta. Diventerà un prete missionario itinerante, fuori dagli schemi, capace di iniziativa, anzi “sempre pronto a rischiare e intraprendere qualcosa di grande per Dio”, scriverà in una sua lettera.
Le incomprensioni che incontra sono il frutto di questa personalità vivace e creativa. Trova opposizione soprattutto in ambito clericale, perché innovativo nelle forme di missione; qualcuno riesce a mettergli contro il vescovo, a farlo allontanare.
Ma non è così quando i vescovi lo conoscono davvero, fino a difenderlo, proteggerlo e sostenerlo nei suoi progetti apostolici coraggiosi.
Nelle biografie si scrive sbrigativamente che è stato sconfessato da diversi vescovi, ma la realtà è diversa. I malintesi, frutto di cattiva informazione, si chiariscono in genere entro qualche giorno. Solo il caso di Poitiers è più complesso; là Montfort aveva suscitato una reazione più forte tra il clero, perciò il vescovo, pur stimandolo, decide di allontanarlo per conservare la tranquillità in diocesi.
Montfort aveva un’ascetica personale conforme alla mentalità del suo tempo: penitenze corporali, austerità di vita, disciplina che rifugge da ogni comodità. Il desiderio era di conformarsi alla vita di Gesù e alla sua croce. Un tenore di vita adottato per sé stesso, ma che non imponeva agli altri. Testimoni diretti raccontano invece della sua amabilità, della dolcezza con cui accoglieva tutti, specie i più biso gnosi; era per tutti “il buon Padre di Montfort”.
Degno di nota il suo attivismo nel raccogliere aiuti, elemosine, cibo, vestiti, per donarli in carità ai poveri.
Va anche riconosciuta una progressiva maturità raggiunta. Da giovane, preso da zelo, si imponeva privazioni e mortificazioni che da adulto modificava. Penitenze corporali gratuite, relazioni sociali volutamente ridotte al minimo essenziale, tanto da farlo sembrare scontroso e asociale, ma con il tempo mitigate o del tutto trasformate.
Il suo ministero missionario è durato solo 16 anni, ma il bilancio delle opere intraprese è straordinario: tante missioni predicate, viaggi compiuti (sempre a piedi), restauro di chiese, costruzione di calvari, organizzazione di gruppi di preghiera e confraternite, rinnovo della vita spirituale in tante parrocchie, primi passi di fondazione delle sue congregazioni. E una mente fervida, capace di comporre brevi scritti spirituali, dallo stile rapido e incisivo, ma densi di contenuto, così come la grande opera dei Cantici, una raccolta di circa 160 lunghe composizioni, per un totale di 22.000 versi, sintesi di un completo manuale catechistico e spirituale.
Battista Cortinovis
L’Apostolo di Maria, febbraio 2022, pp. 32-33
Anno monfortano: 350° dalla nascita di san Luigi Maria di Montfort
Una ricorrenza che merita di essere ricordata e celebrata
di p. Battista Cortinovis
Da quel 31 gennaio 1673, data di nascita di san Luigi Maria di Montfort, stanno per compiersi 350 anni! Ricorrenza che merita di essere ricordata e celebrata. Di questo Santo, si conosce più il suo insegnamento spirituale che la sua persona.
I suoi scritti, pochi, semplici, brevi ma incisivi per stile, efficaci però nel loro obiettivo spirituale, hanno percorso il mondo e la loro diffusione prosegue ancora oggi. Soprattutto il “Trattato della vera devozione a Maria” e “Il Segreto di Maria”, tradotti in ogni lingua, anche la più sconosciuta, stampati in centinaia di edizioni, continuano a essere richiesti, letti e meditati. Un vero prodigio, se si pensa, per opere di 300 anni fa e di carattere religioso.
Non così gli studi biografici del Santo, che pure esistono. Le bibliografie ne contano più di 200, in tante lingue diverse, ma la loro diffusione sembra essere riservata agli specialisti o a qualche raro e occasionale ammiratore.
La vita e la personalità di san Luigi Maria di Montfort hanno da insegnare molto anche a noi, lontani da lui per tempo e cultura, per sensibilità umana e spirituale, eppure fratelli e sorelle suoi nel far fronte alle vicende esistenziali che oggi come ieri presentano momenti di sfida e richiedono scelte coraggiose, precise, a volte perfino radicali.
C’è molto da scoprire soprattutto della sua personalità, che sembra essere rimasta nascosta tra le pieghe dei racconti agiografici, edificanti ad ogni costo, spesso benevolmente edulcorati, o velati da falso pudore, tesi a spiegare ogni cosa con interventi miracolosi risolutivi di ogni vicenda problematica. È vero che Montfort per primo, nei suoi scritti, non ha posto in vetrina se stesso, ma la dottrina spirituale che intendeva propagare, desiderando quasi nascondere la mano dello scrittore, semplice e umile servo. E sembra che la Provvidenza lo abbia esaudito, diffondendo potentemente il suo insegnamento quasi in forma anonima.
Ma viene il tempo per mettere in luce anche la persona e le vicende storiche da cui emerge la santità di condotta che la Chiesa, proclamandolo Santo, propone a modello dei cristiani di ogni epoca.
«La partecipazione degli associati laici nella missione monfortana».
In occasione della festa di san Luigi di Montfort e della Beata Maria Luisa di Gesù, il superiore generale dei missionari monfortani, padre Luiz Augusto STEFANI, ha indirizzato una lettera ai fratelli e sorelle Associati laici e a tutta la Famiglia monfortana, in particolare ai membri dell’Associazione Maria Regina dei Cuori, dal titolo: “La partecipazione degli Associati laici alla missione monfortana”.
Il superiore generale desidera con questa lettera incoraggiare a riscoprire e a condividere tra tutti il tesoro della spiritualità e della missione lasciata in eredità da san Luigi di Montfort. Inoltre, scrive: «Vorrei evidenziare l’identità e la missione dei laici in vista di una collaborazione missionaria più profonda e più stretta nell’insieme della Compagnia di Maria».
È dagli anni del Concilio Vaticano II che i pastori della Chiesa hanno ridato centralità alla vocazione e alla missione dei laici nel Popolo di Dio e nel mondo. Padre Stefani nella sua lettera ripercorre brevemente i contributi del Magistero, lasciandosi in particolare provocare dall’insegnamento di papa Francesco. «Tutti facciamo il nostro ingresso nella Chiesa come laici. Il primo sacramento, quello che sugella per sempre la nostra identità, e di cui dovremmo essere sempre orgogliosi, è il battesimo. (…) Ci hanno battezzati laici ed è il segno indelebile che nessuno potrà mai cancellare. Ci fa bene ricordare che la Chiesa non è una élite dei sacerdoti, dei consacrati, dei vescovi, ma che tutti formano il Santo Popolo fedele di Dio» (Lettera al card. Marc Oullet, 19 marzo 2016).
Per padre Stefani il tema della « vocazione e missione» dei laici è importante anche per la vita della Compagnia di Maria. Egli attinge dapprima all’esperienza apostolica di Luigi di Montfort. La biografia del Fondatore è tutta costellata di figure maschili e femminili che lo hanno sostenuto e affiancato nell’azione missionaria e con le quali intrattiene relazioni intense. Una particolarità in Luigi di Montfort è, inoltre, la creazione di gruppi o associazioni religiose per diverse categorie di laici, in quanto sono per lui un mezzo efficace di perseveranza nei frutti della missione.
Alla luce dell’esperienza del Fondatore, p. Stefani traccia nella sua lettera l’identikit dell’associato monfortano. È colui che si ispira alla vita e agli ideali missionari del Santo di Montfort, che si impegna nel rinnovamento del proprio stile di vita, nella riscoperta e riappropriazione delle promesse battesimali con la consacrazione a Gesù per Maria. Naturalmente questo presuppone l’incontro personale con Cristo, lasciandosi prendere per mano da Maria, la consapevolezza della chiamata alla santità e la scelta di una vita di testimonianza, avendo come modello Luigi di Montfort, riconosciuto come fonte di ispirazione, amico, fratello, maestro, guida.
Infine, il superiore generale propone ventisette testimonianze di laici e religiosi di tutti i Continenti che hanno incontrato Luigi di Montfort e provano a seguire i suoi insegnamenti.
La Compagnia di Maria ha fatto dei passi in questi anni ed è alla ricerca di forme nuove e più efficaci di collaborazione con tutti coloro che hanno abbracciato la spiritualità di san Luigi Maria. L’auspicio, scrive ancora il superiore generale, è che la lettera possa incoraggiare tutte le comunità della Congregazione a promuovere incontri, assemblee, giornate di spiritualità per cercare nuove forme di collaborazione e aprire nuove strade per la missione monfortana.
Il «Canzoniere» di san Luigi Maria Grignion de Montfort
Ventitremila versi per annunciare il Vangelo ai poveri
La memoria liturgica di san Luigi Maria Grignion de Montfort invita anche quest’anno a riflettere sulla sua figura e sulle sue opere, alcune delle quali sono poco conosciute.
Montfort è universalmente noto per la sua spiritualità e dottrina mariana: «Chi non conosce il Trattato della vera devozione alla Santa Vergine o Il Segreto di Maria? E tuttavia, se il suo grande titolo di gloria rimane quello di apostolo di Maria, la sua missione e la sua grazia oltrepassano la dimensione mariana — essenziale — della sua esperienza e del suo messaggio» (R. Deville).
Scorrendo le 1905 pagine dell’edizione ufficiale delle sue Oeuvres complètes (Paris 1966) e la varietà dei titoli che le compongono – come l’importante trattato L’Amore dell’eterna Sapienza , la Lettera agli amici della Croce , Il Segreto mirabile del santo Rosario, la cosiddetta “preghiera infocata”, grido appassionato rivolto alla Trinità per ottenere missionari… — e tenendo conto che quest’uomo è vissuto solo 43 anni, impegnato a tempo pieno nella missione — con l’aggiunta di un viaggio a piedi fino a Roma per consultare il Papa — si resta profondamente impressionati dalla qualità e quantità dei suoi scritti.
Non tutti sanno, però, che tra le sue opere figura anche un imponente canzoniere di ben 23.000 versi, composti per far cantare il popolo nelle missioni. Un’immensa opera poetica, a rima alternata, con lo scopo di imprimere nella mente e nel cuore della gente le verità della fede e di indurre alla conversione e alla pratica della virtù. Si tratta di 163 cantici con una estensione media di circa 140 versi — una lunghezza simile a quella dei canti danteschi — che costituiscono ampie e articolate catechesi, imbevute di dottrina, passione missionaria, intensa spiritualità. I cantici, secondo alcuni, sarebbero l’opus maius del Montfort. Certamente sono l’opera da cui emerge in maniera non parziale la figura del santo missionario e la ricchezza molteplice della sua predicazione.
Montfort non è ovviamente il primo ad utilizzare il canto popolare per l’annuncio del vangelo: egli si inserisce in una consolidata tradizione della missione popolare in Francia, ma lo fa in maniera originale e personale, realizzando mediante i cantici un progetto catechetico di ampio respiro, di concretezza pastorale e di profonda spiritualità. La composizione di canti ha impegnato la sua vita, fin dal tempo del seminario a Parigi: secondo la testimonianza di J.B. Blain — suo condiscepolo e primo biografo – Montfort già scriveva cantici in vista della sua futura missione.
Il canzoniere monfortano, già studiato e valorizzato in passato, gode ai nostri giorni di notevole attenzione e di interesse crescente. Per quanto riguarda l’Italia, nel 2002 è stata pubblicata una versione poetica integrale di 883 pagine (Edizioni Monfortane, Roma) con ampia introduzione critica, e con la riproduzione del testo originale francese nella seconda parte del volume (pp. 893-1717). Va menzionato, in particolare, il seminario internazionale di studi dei cantici, celebrato a Roma nel febbraio scorso, articolato in quattordici relazioni, svolte da esperti di diverse parti del mondo.
«Luigi Maria Grignion de Montfort, ricercatore infaticabile dell’Assoluto, teologo che scrive trattati sulla divina Sapienza e sulla devozione a Maria, predicatore instancabile del Verbo, operatore di innumerevoli conversioni, è anche poeta mistico che verga centinaia e centinaia di versi come strumento di apostolato» (Giorgio Francini).
La sua poesia è espressione ed esigenza del suo zelo missionario. Con García Lorca egli potrebbe dire: «Yo tengo el fuego en mis manos». La sua poesia scaturisce dal fuoco dell’amore di Dio e dalla passione per l’annuncio del vangelo: «Cantiam tutti e bruciamo del fuoco / dello zelo a salvezza dell’anime. / È l’effetto d’amor divino» (Cant . 21, 1). Montfort, pur possedendo una vena poetica non comune, grazie alla quale ha potuto comporre una mole impressionante di versi, non è un poeta di professione, né intende esserlo. Egli traccia un solco profondo che lo distingue, addirittura polemicamente lo separa, dai poeti del mondo: «Non è per lusingarvi ciò che scrivo, / o sol di versi facitori… / Ad altri lascio i vostri metodi» (Cant . 2, prima strofa). «Ecco i miei versi, i canti miei. / Non sono, forse, belli, ma son buoni. / Se non lusingano l’orecchio, / mettono in rima grandi meraviglie» (Cant . 2, str. 39). Egli canta per la gloria di Dio e per amore delle anime: «Facciamo risuonare l’universo / dei nostri canti e delle nostre rime. / Dio vi trovi la sua gloria / e il nostro prossimo un fraterno aiuto» (Cant. 1, str. 36).
I suoi versi sono dunque al servizio della missione. L’annuncio del vangelo ai poveri è il genere letterario del canzoniere monfortano, ne costituisce il motivo, il contesto vitale e la finalità. «Ho scelto: me ne vado per il mondo. / Son divenuto un vagabondo / per annunciare ai poveri il Vangelo» (Cant . 22, str. 1). «Solo per te, Signore, io m’affatico / i tuoi interessi ho fatto i miei. / Te solo cerco senza uman rispetto. / Calpesto la scena di questo mondo» (ivi , str. 6). «Dio, Dio, Dio, canto per Dio, / venga ognuno al mio ascolto» (Cant . 3).
Il canzoniere monfortano è una straordinaria catechesi che considera tutto il mistero della salvezza, ma con accentuazioni diverse secondo l’importanza che i vari temi rivestono nella vita cristiana e nel pensiero del santo. Per questo, alcuni motivi ricevono un’attenzione privilegiata. Anzitutto Dio, da cui scaturisce l’azione salvifica e al quale compete la gloria, come appare dal motto “Dio solo”, posto in calce alla maggior parte dei cantici, quasi a firma e formula dossologica. Gesù Cristo, Sapienza eterna e incarnata, che si manifesta in maniera somma nella follia della croce. La Madre del Signore, alla quale è dedicata un’ampia sezione del libro, intitolata «Cantiques de la très Sainte Vierge» (nn. 75-90) tutti numerati dallo stesso Montfort.
I cantici ripropongono, con molteplici variazioni, quanto già chiaramente affermato ne L’Amore dell’eterna Sapienza e ribadito con insistenza nel Trattato della vera devozione , che la presenza di Maria e la sua azione sono interamente finalizzate alla conoscenza di Cristo, che tutto ciò fa parte di un misterioso progetto divino ed ha come fine la gloria della Trinità. Al servizio di questa finalità e sempre in tale contesto, il canzoniere presenta numerosi altri motivi, alcuni ampiamente sviluppati. La sezione iniziale è dedicata alle principali virtù della vita cristiana, a partire da quelle teologali (nell’ordine: carità, fede, speranza), cui segue una serie di 10 cantici sul disprezzo del mondo, sulle sue false gioie e le sue tristezze. I cantici 40-44 47-48 sono dedicati al Cuore di Gesù.
In armonia con il tempo liturgico, i canti 57-66 presentano eccellenti meditazioni sul mistero del Natale, mentre i seguenti, 67-73, sono dedicati alla Passione del Signore e si concludono con la contemplazione di Maria ai piedi della Croce (Cant. 74). Viene poi il numeroso gruppo già citato dei cantici dedicati alla santa Vergine (nn. 75-90), cui bisogna aggiungere altri testi sparsi. Segue una serie di cantici, 91-99, riguardanti persone diverse, chiamate a vivere la vita cristiana secondo la loro particolare condizione di vita. I nn. 123-126 trattano della Croce e della Sapienza, mentre il blocco 128-134 presenta cantici al SS. Sacramento per tutti i giorni della settimana. Dal n. 135 alla fine è presente una galleria di testi, dai contenuti diversi, alcuni precedentemente sviluppati e ripresi, altri nuovi.
Come si vede, non pochi temi sono trattati con ampiezza e meriterebbero adeguata attenzione, come ha cercato di fare il recente seminario internazionale di Roma, appena ricordato. La straordinaria ricchezza e varietà dei cantici dimostra con evidenza che la fama di Montfort — come si diceva all’inizio — dipende dalla sua esperienza e dottrina mariana, ma la sua missione e la sua grazia non si limitano ad essa. Il canzoniere monfortano riserva indubbiamente uno spazio notevole alla Vergine — mai isolata dalla cristologia, dalla dimensione trinitaria e dal contesto della missione —, ma tratta di numerosi altri aspetti e dimensioni della vita cristiana. In altri termini, i cantici presentano la figura e la dottrina del Montfort nella loro interezza. La Vergine Maria vi ha un posto importante, ma sempre in rapporto vitale con tutto il mistero della salvezza. Al di fuori di tale ampio e decisivo contesto ne avremmo una visione parziale, unilaterale: non sarebbe la visione di Montfort.
di Alberto Valentini
Fonte: OR 28 aprile 2021