«I poveri li avete sempre con voi» (Mc 14,7): è il tema scelto da papa Francesco per la V Giornata Mondiale dei Poveri. Nel suo Messaggio scrive: «Abbiamo tanti esempi di santi e sante che hanno fatto della condivisione con i poveri il loro progetto di vita». Questo è vero in un certo senso anche per san Luigi Maria di Montfort. È impossibile separare la sua esperienza di fede e la sua missione dalla memoria storica dei poveri, verso i quali si è fatto prossimo e carità.
Pur non escludendo nessuno dal suo apostolato, il Santo di Montfort compie una scelta preferenziale per i poveri. Una scelta che viene dal cuore, da una inclinazione, da una attrattiva che non ha altra legge che quella dell’amore. In particolare, viene prima di tutto da una profonda relazione con Dio e da uno sguardo di fede su Gesù, Sapienza incarnata.
È molto bella la testimonianza che ci è giunta nella lettera che il gesuita Préfontaine indirizzò al biografo Grandet nel 1718, due anni dopo la morte di Luigi Maria di Montfort:
«I poveri soprattutto e la gente di campagna erano coloro con i quali lavorava più volentieri. Diceva di essere stato mandato a loro e che doveva farsi carico della loro salvezza. Nello stesso tempo aveva una meravigliosa capacità di conquistarli e di ispirare loro tutti i sentimenti che voleva. Queste buone persone si affezionavano a lui. Lo guardavano come un santo e quando lui lasciava una parrocchia per recarsi in un’altra, lo seguivano in folla, con le lacrime agli occhi, e credevano, perdendolo, di aver perso tutto. Con gli occhi della fede, vedendo Gesù Cristo nella persona dei poveri è incredibile fin dove arrivava la sua carità nei loro confronti… Li nutriva e li vestiva. La sua tenerezza per loro e la sua compassione si trasmetteva a tutti coloro che lo avvicinavano e ispiravano loro sentimenti conformi ai suoi. Il suo esempio trascinava tutti e ognuno provava piacere e si sentiva in dovere di contribuire alle sue opere di misericordia: gli uni con la loro generosità, gli altri con il lavoro delle loro mani. Poiché, il signor de Montfort aveva una particolare capacità di valorizzare, in queste occasioni, tutti i mezzi per fare del bene ai poveri, che una ingegnosa e cristiana carità sa mettere in atto. Se esortava tutti ad amare i poveri, lui era il primo a darne l’esempio. Più di una volta l’ho visto andare in mezzo a una moltitudine di straccioni e scegliere il più disperato, il più scostante, e prenderlo per mano per condurlo con sé, farlo sedere a tavola al primo posto al suo fianco, servirlo prima di tutti gli altri e, soprattutto, alla fine del pasto abbracciarlo, accompagnarlo alla porta e congedarlo con una generosa elemosina» (Grandet 446-448).
Luigi di Montfort non si è vergognato di toccare la carne di Cristo nella carne del povero. Alla domanda: «Chi è il povero?», risponde nel C 17,14, intitolato Il credito dell’elemosina:
«Sta scritto / ch’egli è l’immagine vivente, / il luogotenente di Gesù Cristo, / la sua più bella eredità. / Ma per dire ancora meglio / egli è Gesù Cristo stesso».
E nel C 20,17:
«sono i veri ritratti / di Gesù Cristo povero per noi. / Sono i suoi fratelli somigliantissimi, / degni di essere onorati da tutti». «Un povero è un grande mistero, […] bisogna saperlo comprendere».
I poveri agli occhi di Luigi Maria sono gli amici intimi di Gesù Cristo, la sua eletta porzione, i suoi luogotenenti, i suoi primogeniti, cioè quelli cui spetta l’eredità; molto di più, sono Gesù Cristo stesso.
Montfort di fronte a chi era nel bisogno non se ne è stato tranquillo come un funzionario del sacro o un prete imborghesito. Al contrario, come il Buon Samaritano, si è lasciato muovere a pietà, si è accostato all’uomo ferito e in modo concreto se ne è fatto carico. È stato il prete della compassione di Dio verso tutti coloro che la società del suo tempo rendeva e chiamava scarti umani.
Papa Francesco chiude il suo Messaggio ricordandoci che «i poveri si abbracciano, non si contano». Luigi di Montfort i poveri davvero non li ha contati, ma solo abbracciati!