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Sussidi per l’animazione
Maria, la strada per giungere a Dio
«San Paolo sottolinea che il Figlio di Dio è «nato da donna» (Gal 4,4). In poche parole ci dice una cosa meravigliosa: che il Signore è nato come noi. Non è apparso adulto, ma bambino; non è venuto al mondo da solo, ma da una donna, dopo nove mesi nel grembo della Madre, dalla quale si è lasciato tessere l’umanità. Il cuore del Signore ha iniziato a palpitare in Maria, il Dio della vita ha preso l’ossigeno da lei.
Da allora Maria ci unisce a Dio, perché in lei Dio si è legato alla nostra carne e non l’ha lasciata mai più. Maria – amava dire san Francesco – «ha reso nostro fratello il Signore della Maestà» (San Bonaventura, Legenda major, 9,3). Ella non è solo il ponte tra noi e Dio, è di più: è la strada che Dio ha percorso per giungere a noi ed è la strada che dobbiamo percorrere noi per giungere a Lui. Attraverso Maria incontriamo Dio come Lui vuole: nella tenerezza, nell’intimità, nella carne…
Non siamo al mondo per morire, ma per generare vita. La santa Madre di Dio ci insegna che il primo passo per dare vita a quanto ci circonda è amarlo dentro di noi. Ella, dice oggi il Vangelo, “custodiva tutto nel cuore” (cfr Lc 2,19). Ed è dal cuore che nasce il bene: quanto è importante tenere pulito il cuore, custodire la vita interiore, praticare la preghiera! Quanto è importante educare il cuore alla cura, ad avere care le persone e le cose. Tutto comincia da qui, dal prenderci cura degli altri, del mondo, del creato. Non serve conoscere tante persone e tante cose se non ce ne prendiamo cura. Quest’anno, mentre speriamo in una rinascita e in nuove cure, non tralasciamo la cura. Perché, oltre al vaccino per il corpo, serve il vaccino per il cuore: e questo vaccino è la cura. Sarà un buon anno se ci prenderemo cura degli altri, come fa la Madonna con noi».
Papa Francesco, Omelia, 1° gennaio 2021
Maria ci porta la benedizione di Dio
«Oggi celebriamo il Figlio di Dio, il Benedetto per natura, che viene a noi attraverso la Madre, la benedetta per grazia.
Maria ci porta così la benedizione di Dio. Dove c’è lei arriva Gesù. Perciò abbiamo bisogno di accoglierla, come santa Elisabetta, che la fece entrare nella sua casa e subito riconobbe la benedizione, e disse: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1,42). Sono le parole che ripetiamo nell’Ave Maria.
Facendo posto a Maria veniamo benedetti, ma impariamo pure a benedire. La Madonna, infatti, insegna che la benedizione si riceve per donarla. Lei, la benedetta, è stata benedizione per tutti coloro che ha incontrato: per Elisabetta, per gli sposi a Cana, per gli Apostoli nel Cenacolo… Anche noi siamo chiamati a benedire, a dire bene in nome di Dio. Il mondo è gravemente inquinato dal dire male e dal pensare male degli altri, della società, di sé stessi. Ma la maldicenza corrompe, fa degenerare tutto, mentre la benedizione rigenera, dà forza per ricominciare ogni giorno.
Chiediamo alla Madre di Dio la grazia di essere per gli altri portatori gioiosi della benedizione di Dio, come lei lo è per noi».
Francesco, Omelia, 1° gennaio 2021.
Dal Santo alla Tuttasanta
La solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
Colei che concepì il «Santo», il Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35), fu segnata o no dal peccato originale? La secolare discussione ebbe risposta nella bolla Ineffabilis Deus (8 dicembre 1854), con cui Pio IX definì che «la beatissima Vergine Maria, nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, fu preservata immune da ogni macchia di peccato originale». Così la festa della Concezione di Maria l’8 dicembre divenne celebrativa della sua Immacolata Concezione.
Il prodigioso concepimento di Anna, moglie di Gioacchino, narrato dal Protovangelo di Giacomo (sec. II), portò nel secolo VIII a celebrare in Oriente la Concezione di sant’Anna, madre della Theotokos, il 9 dicembre, in rapporto alla Natività di Maria già festeggiata l’8 settembre. Commemorando il dato apocrifo, ossia la maternità della sterile Anna e non l’«immacolata» concezione, la festa orientale non incontrò polemiche come accadde in Occidente.
Le tracce di una festa della Concezione di Santa Maria l’8 dicembre in monasteri benedettini d’Inghilterra nel secolo XI, maturarono nel seguente l’esplicito intento di onorare il concepimento “immacolato” insegnato da sant’Anselmo e dal suo discepolo Eadmero (†1124), autore del più antico scritto dottrinale sulla concezione di Maria, che così argomenta: «Se Geremia, poiché doveva essere profeta delle nazioni, è stato santificato prima di nascere; se Giovanni, precursore del Cristo con lo spirito e la forza di Elia, è stato “colmato di Spirito Santo fin dal grembo di sua madre” (Lc 1, 15), che cosa dobbiamo pensare della donna destinata ad essere per eccellenza l’arca dell’alleanza di tutti i secoli, l’unica e dolcissima culla del figlio unigenito del Dio onnipotente? Oseremo dire che non ha fruito fin dal primo istante del suo concepimento della grazia e dell’unzione dello Spirito Santo? La Sacra Scrittura attesta: “Dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2 Cor 3, 17). Fu sicuramente libera dalla schiavitù di ogni peccato colei che lo Spirito Santo, con la sua presenza e la sua azione, doveva farne una dimora consacrata» (De Conceptione Beatae Mariae Virginis). A superare le incertezze contribuì il racconto del salvataggio dal naufragio occorso ad Elsino, abate di Ramsay, grazie all’aiuto della Vergine che, in cambio, gli chiese la festa della sua Concezione.
Nel medesimo secolo XII, la festa passò in Normandia per diffondersi in Francia, ben accolta verso il 1130-1140 dalla Chiesa di Lione che, nonostante la contrarietà manifestata per iscritto da san Bernardo, continuò a celebrarla. Vivaci opposizioni perdurarono nel secolo XIII: alla Sorbona nessun maestro osava sostenere l’immacolato concepimento. Tra i contrari vi era chi, come san Tommaso d’Aquino (†1274), negava l’esenzione di Maria dal peccato originale, mostrandosi tollerante verso una festa della sua santificazione nel grembo della madre: concepita col peccato originale, sarebbe stata santificata prima di nascere.
Il Capitolo pisano dei Francescani del 1263 promosse nell’Ordine la festa della Concezione di Maria, senza la qualifica di immacolata; accadrà più tardi, come attesta l’Ufficio perugino composto negli anni 1319-1322.
L’interesse teologico per l’immacolata concezione fu rilanciato, dall’Inghilterra, dal francescano Duns Scoto (†1308), che trasformò l’obiezione contraria al privilegio (l’universalità della redenzione di Cristo esigeva che anche Maria avesse bisogno di essere redenta), in motivo di soluzione: Cristo preservò sua Madre da ogni contagio di peccato.
La Chiesa di Roma non celebrava la festa, ma non la proibiva. Al tempo di Bonifacio VIII (†1303), nella cattedrale di Anagni si commemorava la Concezione della Madre di Dio, presente la Curia papale. La prassi invalsa durante il periodo avignonese, dove la corte pontificia si radunava l’8 dicembre per la Concezione di Maria nella chiesa dei Carmelitani, continuò col ritorno a Roma: cardinali e prelati non disdegnavano di celebrare la festa dell’8 dicembre (eccetto nelle chiese dei Domenicani), pur non essendo iscritta nel calendario della Curia romana.
Nonostante le ostilità, nel secolo XIV la festa era celebrata con più o meno fervore in diocesi di Belgio, Spagna, Portogallo, Italia, Germania e in ordini religiosi, eccetto Cistercensi e Domenicani.
Si occupò direttamente il concilio di Basilea (1432), giungendo a definire che la Vergine «fu sempre immune da ogni peccato originale e attuale» e a decretare la festa dell’8 dicembre; trattandosi però di un’assise ormai scismatica il pronunciamento non ebbe portata dogmatica, ma la direzione era tracciata.
Con la costituzione Cum praecelsa (1476), il francescano Sisto IV approvò una messa ed ufficio per la Concezione della Vergine Immacolata. L’orazione, pregata ancora oggi l’8 dicembre, esprime con precisione il mistero mariano alla luce del Redentore: «O Dio, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previsione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito».
Le equivoche interpretazioni spinsero lo stesso Papa a intervenire con la costituzione Grave nimis (1483) per redarguire sia i difensori che i detrattori del privilegio mariano, non essendo ancora chiarito dogmaticamente dalla Sede apostolica. L’equilibrato pronunciamento sistino favorì la diffusione della Concezione della beata Vergine Maria, come si evince dai calendari liturgici dell’epoca.
Lo stesso Martin Lutero, nel Sermone sulla concezione del 1517, così si esprimeva: «È pia credenza che il concepimento di Maria, cioè l’infusione della sua anima, sia stato senza peccato, perché quando l’anima le fu infusa, ella fu nello stesso tempo purificata dal peccato originale e ornata dai doni di Dio per ricevere l’anima santa che le veniva infusa. Così, nel medesimo istante in cui cominciò a vivere, era senza peccato, come esprimono le parole dell’angelo Gabriele (Lc 1, 28): Tu sei benedetta fra le donne. Non avrebbe infatti potuto dire: Sei benedetta, se essa fosse stata sotto la maledizione. Era giusto ed equo che fosse preservata senza peccato colei da cui il Cristo avrebbe assunto la carne che doveva sconfiggere ogni peccato, perché si dice benedetto, in senso proprio, ciò che è stato donato dalla grazia divina, vale a dire ciò che è senza peccato».
Il concilio di Trento non toccò la questione dell’Immacolata, rinviando alle costituzioni di Sisto IV. Nel breviario e nel messale postridentino fu iscritta l’8 dicembre la Conceptio Beatae Mariae, rinviando per i testi alla Natività di Maria e sostituendo il leggendario racconto di Elsino.
A seguito della proclamazione dogmatica, Pio IX fece preparare dei nuovi testi liturgici (fu ripresa l’orazione composta sotto Sisto IV), che approvò nel 1863. Nell’odierno messale, oltre alla rivista e arricchita scelta dei brani della liturgia della Parola, è stato aggiunto il prefazio — ispirato a Ef 5, 27 e a Lumen gentium 65 e Sacrosanctum Concilium 103 — in cui risalta come l’Immacolata, illuminata da Cristo Redentore, rischiara la Chiesa. Presente nel calendario ambrosiano, la festività figura anche nel rivisto Missale Hispano-Mozarabicum, che all’8 dicembre titola: “In diem Conceptionis Sanctae Mariae Virginis”.
Davanti alla “tutta bella”, come l’acclama l’antifona delle Lodi, potrebbe sorgere l’interrogativo: perché lei sì e noi no? Il sentire che modula la liturgia dell’8 dicembre non è la discussione ma l’ammirazione: «Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie» (Salmo responsoriale). Nell’Immacolata celebriamo l’infinita misericordia della Trinità verso l’umanità intera. Il bene gratuitamente compiuto da Cristo a favore degli esuli figli di Eva, si concentra in Maria.
L’Immacolata è mistero di pura grazia! Fin dal primo istante, Dio è salvatore della sua vita, «santa» perché interamente «santificata» dallo Spirito del Padre, effuso per il suo Figlio. Il Vangelo dell’annunciazione che ascoltiamo a messa non parla del concepimento di Maria, ma del concepimento di Cristo in Maria, instradandoci a cogliere la dinamica per Iesum ad Mariam, dal Santo alla Tuttasanta.
Isolare il mistero mariano dal Redentore significherebbe cadere nell’errore. L’Immacolata non dice che Maria non ebbe bisogno di essere redenta al pari di tutti noi; al contrario, proclama l’incomparabile dono di essere stata pienamente graziata senza aver assaporato la disgrazia del peccato. In questo, è l’espressione massima della potenza di Dio e insieme la più alta espressione del ringraziamento dovuto a Dio.
di Corrado Maggioni
O.R. 07 dicembre 2020